venerdì 8 febbraio 2008

Il ruolo dell'informazione

Appena l'informazione si occupa di un "potente" e di un politico in particolare succede il finimondo. Ora, secondo l'elementare buon senso, il ruolo dell'informazione dovrebbe essere quello di far conoscere al pubblico quelle cose che il pubblico stesso ha bisogno di conoscere, e vuole conoscere, ma che non sarebbe in grado di sapere senza l'intervento dell'informazione. E' una definizione riduttiva, certo, ma sufficiente per il ragionamento che voglio fare.
Il compito di un politico è, sostanzialmente, quello di rappresentarmi. Di fare leggi in mio nome, di assumere decisioni dalle quali dipende il mio modo di vivere, il futuro mio e della mia famiglia.
Non è assolutamente ovvio che non solo voglio, ma ho il diritto di sapere come si comporta costui; quali sono i principi morali ed etici che sottendono i suoi comportamenti, se onora o tradisce il mio mandato ? La scelta di offrirsi quale mio rappresentante è stata sua e quindi non può, non deve invocare il diritto all'anonimato del cittadino qualunque. Essere sottoposto al mio giudizio fa parte del patto che ci lega.
E chi dovrebbe tenermi al corrente su tutto questo se non l'Informazione.
Da sempre si esalta il giornalismo americano perchè, si dice, fa (purtroppo anche lì la situazione si è degenerata parecchio) da "cane da guardia" sul comportamento dei potenti. Però appena un giornalista svela un retroscena, fa un'inchiesta, c'e una trasmissione televisiva che denuncia un fatto riguardante gli appartenenti alla casta, si scatena il putiferio.
Un'alzata di scudi: si viola la privacy, il fatto non è penalmente rilevante, la trasmissione è faziosa e senza contraddittorio, occorrono leggi che impediscano di rendere pubbliche le intercettazioni (o che le impediscano e basta). Immediatamente viene distolta l'attenzione dal "contenuto". Viene messo sotto processo (e talvolta non solo mediatico) il giornalista di turno che ha osato uscire dal coro, tenere la schiena dritta e, in un battito di ciglia, del retroscena svelato, del comportamento reso noto, dei risultati dell'inchiesta non si parla più.
Ripeto, solo in base al buon senso, se un giornalista va a cercare tra gli atti depositati di una inchiesta della magistratura e scopre la trascrizione di una intercettazione in cui un politico chiede ad un dirigente rai di far lavorare una attrice perchè questo gli consentirebbe di acquisire un parlamentare fra le sue fila; oppure di un ministro che minaccia di svelare segreti su un presidente di regione e di far cadere la stessa giunta regionale se non ottiene quello che vuole, questo giornalista cosa dovrebbe fare ?
Il suo ruolo, la sua missione sociale, l'etica della sua professione non gli impongono di rendere pubbliche queste notizie ?
Cosa c'è di strano se una trasmissione televisiva, che si caratterizza per le sue inchieste, dedica una puntata alla condanna del presidente di una regione. Che c'entrano i processi mediatici con questo. C'entrano certamente con le innumerevoli puntate di Porta a Porta dedicate ai fatti di Cogne, con tanto di mestolo di rame, zoccoli e pigiami quali prove a carico o a discarico.
Ma la trasmissione sotto accusa riporta, comprovati dalle intercettazioni, colloqui che sono scellerati dal punto di vista morale, archetipi della "cattiva politica", aberrazioni etiche. Che sono tali e resteranno tali a prescindere dagli esiti delle inchieste giudiziarie.
Ed io elettore che devo decidere se dare o no la mia fiducia a quella persona ho il diritto di venire a conoscenza di tutto questo e mi aspetto, da un giornalista che abbia rispetto per se stesso e per il ruolo sociale della sua professione, che mi faccia conoscere questi fatti. Di più: che si impegni perchè i fatti vengano alla luce, perchè a questo suo ruolo io delego il mio diritto al controllo sull'operato di chi chiede il mio voto.
Cosa hanno fatto, se non questo, i giornalisti dell'inchiesta Watergate.
ilportavoce

Nessun commento: